Chiarezza sulla Siria Questione politica prima che militare Se vogliamo fare chiarezza sulla situazione siriana la prima cosa che va detta è che il regime di Assad era un regime degno di quello di Saddam Hussein e di Gheddafi e dunque degno di esser rovesciato. Tutti i baluardi del nazionalismo arabo si sono rivelati delle tirannie insopportabili per le popolazioni locali come per quelle vicine e avevano perso il sostegno popolare da decenni conservando il potere solo con la forza e metodi tipici di polizia. Saddam Hussein e Gheddafi sono morti ingloriosamente e Assad vive nel suo palazzo come in un bunker protetto da due eserciti stranieri, i pasdaran iraniani e gli hezbollah libanesi. Il suo si è già disfatto. L’intervento russo votato da Mosca e che tanto preoccupa gli Stati uniti d’America, anche se avesse successo, non riuscirà più a mettere in sella Assad perché la Siria esce da questa guerra spezzata almeno in tre parti a dir poco. Al nord i curdi se vincono la loro battaglia non rientreranno nel vecchio stato nazionale perché ne vorranno uno proprio. A sud, i drusi che pure erano alleati di Assad fino all’anno scorso, oramai si sono emancipati. Nel resto del paese Assad rappresenta una minoranza alawita che potrà difendere i suoi villaggi e restarvi intabarrata perché la maggioranza della popolazione l’ha rifiutata. L’intervento russo può servire a dissuadere le milizie islamiche più radicali a continuare la lotta, ma non può cambiare un quadro politico che vede la fine degli stati nazionali arabi. Nemmeno se Putin trasferisse in Siria tutta l’armata Rossa e avesse un Trotsky a comandarla, Assad sarebbe in grado di tornare al potere. Ma l’intervento russo può impedire all’Isis di prenderlo e sotto questo profilo si capisce che Assad debba restare a Damasco. Per riuscire a pacificare l’intera regione occorrerebbe anche che i francesi intervenissero contro l’Is e altrettanto facessero gli americani invece di sollevare tanti distinguo. L’Is non ostenta sempre la sua bandiera e qualunque bandiera può essere quella dell’Is. L’Is è una rivolta della profonda spiritualità araba, non una squadra minore di basket. Se la Casa bianca non compie uno sforzo di prospettiva storica e culturale per capire le origini e le ambizioni del califfato continuerà a cadere da un errore all’altro. Il califfato è il sogno geopolitico del mondo arabo, come lo Stato libero ed indipendente era il sogno dei democratici occidentali. La rivoluzione americana e quella francese aprono le porte alla concezione della repubblica moderna, le rivolte arabe al califfato. Per cui voler distinguere le bande armate siriane è un po’ come voler distinguere i giacobini dai girondini, opera erudita ma inutile, erano comunque regicidi e rivoluzionari, gli stessi insomma. Piuttosto l’America dovrebbe chiedere se l’alleato turco combatte l’Is o i curdi, prima di chiedere ai russi chi bombardano. Il problema siriano non si risolverà sul piano militare. Il problema siriano che è solo un aspetto dell’intera crisi mediorientale, ha bisogno di una risposta politica. Un fenomeno come l’Is pretende di mettere da parte le proprie divergenze e di allearsi per combatterlo. Russia ed America lo fecero contro Hitler e Russia ed America allora erano molto più lontane di quanto lo siano oggi. Se non se rendono conto in fretta, l’Is vincerà prima militarmente e poi politicamente la partita. Roma, 1 ottobre 2015 |